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La "piazzetta", Facebook, il disagio giovanile: brevi considerazioni dell'Arci di Foggia

 

Noi dell'Arci Comitato Provinciale di Foggia riteniamo di dover considerare il problema del disagio giovanile da un punto di vista più ampio, non limitandoci a sterili e spesso sostanzialmente burocratiche diatribe relative agli orari di chiusura dei locali notturni. Se vogliamo davvero trovare (o quantomeno proporre) soluzioni al problema del disagio sociale giovanile, dobbiamo considerare quali sono i bisogni personali, professionali, culturali, cioè i “sogni” non esauditi di cui questo disagio è manifestazione.


            Alcuni giorni fa un quindicenne campano, vittima di un profondo disagio psicologico, ha deciso di togliersi la vita delegando alla bacheca di Facebook l’espressione delle sue intenzioni omicide e del suo disagio. Ha preferito cioè “comunicare” il suo “male di vivere” tramite un’applicazione informatica piuttosto che parlarne di persona con i suoi genitori, con i suoi compagni di scuola, con i suoi amici. E’ qualcosa su cui mi sembra doveroso riflettere. E’ una manifestazione di solitudine ed isolamento che ritengo comune a buona parte degli adolescenti italiani.

E’ come se avessimo deliberatamente scelto di cancellare la funzione sociale e culturale della piazza quale “agorà”, cioè quale luogo di condivisione (e di discussione, di confronto e di approfondimento) delle nostre storie personali che, intrecciandosi, confondendosi ed anche “diluendosi” nel vociante e multiforme sottofondo della piazza, diventavano storie collettive, assurgendo ad una dimensione sociale (e non più solo personale) su cui è finalmente possibile intervenire, perché abbiamo rotto il muro dell’isolamento, e le storie di ciascuno sono diventate storia della nostra città.

            Abbiamo cancellato la piazza per farne un salotto commerciale senz’anima, schiavo degli orari di apertura e di chiusura dei negozi.

        Comprendiamo perfettamente come una simile discussione meriterebbe ulteriori approfondimenti nonché un impegno non indifferente per una città che, come Foggia, ha già parecchie altre emergenze di cui occuparsi, ma non possiamo incorrere nell’errore di considerare il disagio dei giovani come lo “spleen” fisiologico dell’età adolescenziale e post-adolescenziale, come un inevitabile ed universale atteggiamento di tristezza e di meditativa melanconia che accompagna inesorabilmente, irrimediabilmente questi periodi particolari dello sviluppo personale. E’, anzi, opportuno riconoscere da subito che si tratta di un problema che ha nelle condizioni sociali le proprie cause scatenanti ed analizzarlo appunto come tale: un problema sociale che necessita di un intervento sociale.

 

   A tal proposito basta analizzare alcuni dati divulgati nel corso del recente 45esimo Congresso Nazionale Società Italiana di Psichiatria (Sip) per rendersi conto di come sia bastata la crisi economica internazionale, l’incertezza  per un posto di lavoro sempre più spesso a rischio, le condizioni di precarietà economica che gravano soprattutto sulle giovani generazioni a dare un’impennata significativa al numero dei disturbi di ansia e depressione (+ 30% e + 15% quelli certificati) e, soprattutto, ad un consistente aumento dei suicidi. E’ statisticamente accertato che in Europa, per ogni incremento del 3% della disoccupazione, crescono del 30% le morti dovute ad eccesso di alcool e aumenta del 5% il tasso dei suicidi.

Preoccuparsi quindi degli orari di apertura e chiusura dei locali, delle multe prese dagli esercenti in Via Gramsci piuttosto che in Piazzetta, diviene quindi un problema la cui rilevanza sociale impallidisce di fronte all’abisso di frustrazione e di solitudine che spesso circonda le vite dei nostri concittadini più giovani. Certo le multe e gli orari sono problemi che qualcuno deve pure affrontare, ma non dobbiamo dimenticare che non è da queste piccoli ed episodiche questioni che dipende la sostanza della nostra qualità della vita.

 

Le foto presenti in questo articolo provengono da diversi reportages di Flicker e Panoramio

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