Quel treno per Ordona...
riceviamo e (volentieri) pubblichiamo da Arci Ordona "La terra di Nessuno":
Nell’era dell’Alta Velocità e delle connessioni iper-veloci, che ci permettono di comunicare immediatamente con interlocutori lontani mille miglia, i poveri pendolari della linea Foggia – Ordona sono costretti a viaggiare in 200 in un monovagone progettato per accogliere al massimo 68 persone e, come se non bastasse, esposti ai cronici ritardi che caratterizzano ormai nella cultura popolare l’immagine simbolo del Belpaese tanto quanto la pastasciutta ed il mandolino.
Nessuno però si aspettava quello che è successo il 30 ottobre scorso, quando i pendolari della linea Foggia-Ordona, stipati, al solito, come sardine sull’antidiluviano monovagone che sarebbe dovuto arrivare ad Ordona alle 14,11, hanno riscontrato prima un progressivo rallentamento del veicolo e, successivamente, la sua fermata prolungata in aperta campagna. A quel punto, dal momento che era praticamente diventato impossibile respirare e qualcuno aveva iniziato ad avvertire forti capogiri, a treno fermo, qualche passeggero ha (logicamente) pensato di aprire le porte, usando le apposite manigliere di emergenza. Evidentemente, però, per le FFSS respirare non è un diritto, visto che il capotreno ha immediatamente inveito contro quei coraggiosi, rei di aver contribuito a far circolare un po’ di aria fresca a beneficio delle proprie ugole e di quelle dei compagni di sventura, tant’è che, mugugnando, le porte sono state subito richiuse.
Alle ore 15.00 , anche se molto lentamente, il treno è finalmente ripartito, per poi fermarsi dopo qualche kilometro nella stazione di Cervaro. I passeggeri sono stati costretti a scendere e a provvedere autonomamente a cercare un mezzo per ritornarsene a casa.
Precisando che stiamo parlando di un treno di pendolari, ossia non di viaggiatori occasionali ma di possessori di regolare abbonamento, il che lascia supporre che le FFSS possano agevolmente sapere in anticipo quanti passeggeri occuperanno i suoi mezzi, non intendiamo certo sovvertire l’ordine immutabile delle cose chiedendo (ancora una volta) alle Ferrovie meno ritardi e vagoni più comodi per i passeggeri, ma ci limitiamo, oggi, a prendere atto che viaggiare in Italia è davvero sempre più rischioso e che può essere un’avventura che può toglierti letteralmente il… respiro.
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